Direttiva Uccelli
La Direttiva (79/409/CEE) del Consiglio del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, sostituita dalla Direttiva 2009/147/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 30 novembre 2009 concernente la conservazione degli uccelli selvatici, riguarda la conservazione di tutte le specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il trattato.
L’Italia ha recepito la Direttiva con la Legge n. 157 dell’11 febbraio 1992 e il Regolamento contenuto nel D.P.R. 8 settembre 1997 n. 357, integrato e modificato dal D.P.R. 12 marzo 2003, n. 120.
In generale, la Direttiva protegge tutte le specie di uccelli selvatici, sia attivamente (ad esempio attraverso la creazione di Zone di protezione speciale – ZPS, con adeguate misure di conservazione), sia “passivamente”, attraverso diversi divieti: cattura, uccisione, distruzione dei nidi, detenzione di uova e di esemplari vivi o morti, disturbo ingiustificato o eccessivo.
Solo in alcuni casi si può derogare a questi divieti, come ad esempio con l’attività venatoria, che è concessa nella misura in cui è sostenibile, cioè tale da non pregiudicare la conservazione di specie e popolazioni di uccelli.
Le aree destinate alla conservazione degli uccelli, cioè le cosiddette Zone di Protezione Speciale (ZPS), una volta designate dagli Stati membri, entrano a fare parte automaticamente della Rete Natura 2000. All’interno di tali aree gli Stati membri adottano misure per prevenire il deterioramento e l’inquinamento degli habitat e più in generale perturbazioni negative per l’avifauna.
La direttiva si compone di 20 articoli, corredati da sette allegati, due dei quali sono di raccordo e coordinamento dei testi normativi succedutesi (Allegati VI e VII).
L’allegato I elenca le specie per le quali sono previste misure speciali di conservazione per quanto riguarda l’habitat, per garantire la sopravvivenza e la riproduzione di dette specie nella loro area di distribuzione. Le stesse misure sono previste per le specie migratrici non menzionate all’allegato I che ritornano regolarmente.
L’allegato II elenca le specie che possono essere oggetto di atti di caccia nel quadro della legislazione nazionale, tenuto conto del livello di popolazione, della distribuzione geografica e del tasso di riproduzione in tutta la Comunità e senza che la caccia arrechi pregiudizio alle azioni di conservazione intraprese nella loro area di distribuzione.
L’Allegato III regolamenta la commercializzazione delle specie di uccelli selvatici ivi riportate.
L’Allegato IV elenca i metodi vietati per la cattura degli uccelli (trappole, reti, vischio, fucili a ripetizione con più di tre colpi, caccia da veicoli, ecc).
L’Allegato V elenca le più importanti aree di attività e di ricerca in cui gli Stati membri devono impegnarsi, finalizzate alla conoscenza e alla conservazione degli uccelli (elenchi nazionali delle specie a rischio, censimento degli uccelli migratori, inanellamento, sviluppo di metodi ecologi per prevenire danni da avifauna, sviluppo di metodi per verificare l’impatto della caccia sulle popolazioni di uccelli ecc.).